venerdì 21 marzo 2008

dite a Veltroni che metta in lista un tibetano e un cinese


La Cina ha lanciato oggi un ultimatum ai manifestanti tibetani perchè si consegnino alle autorità entro lunedì prossimo, mentre il governo tibetano in esilio a Dharmsala, nel nord dell’India, ha reso noto di aver avuto la conferma di 30 manifestanti uccisi e ha chiesto l’avvio di un’inchiesta Onu sulle «violazioni dei diritti dell’uomo» commesse nei giorni scorsi. Intanto, si sono registrate nuove proteste nel monastero di Labrang, nella provincia nord-ccidentale cinese di Gansu, mentre la capitale tibetana Lhasa è apparsa oggi «una città fantasma». Il governatore tibetano Champa Phuntsok ha fatto sapere che le autorità di Pechino sono decise a trattare «con severità» chiunque si renda responsabile di attività tese a «dividere» il Paese, invitando i manifestanti a consegnarsi entro lunedì. Secondo il governatore, nominato dai vertici della Repubblica popolare cinese, i dimostranti hanno agito «sulla base di istruzioni giunte dall’estero», ma «questo complotto è destinato al fallimento». Da Dharmasala, il governo tibetano ha dichiarato di poter «confermare» la morte di 30 persone negli scontri di ieri, con «oltre 100 non confermati», mentre per Pechino i morti sono stati almeno 10. Il premier tibetano, Samdhong Rinpoché, ha quindi lanciato un appello a Pechino perchè usi moderazione, ammonendo che la repressione potrebbe accrescere la spirale di violenza, mentre il Parlamento tibetano ha chiesto all’Onu di «inviare immediatamente propri rappresentanti e a intervenire e indagare sulle violazioni dei diritti dell’uomo in Tibet». Oggi, la capitale tibetana Lhasa appare una «città fantasma», le strade deserte e il coprifuoco ancora in vigore. «Era tutto chiuso a Lhasa - ha raccontato una turista norvegese, Bente Walle, rientrata oggi dal Tibet - si potevano vedere solo molti soldati». Tuttavia, almeno 5.000 persone sono scese nuovamente in piazza contro Pechino a Xiahe, città della provincia di Gansu, già teatro ieri di una marcia di protesta. La polizia ha usato i gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti guidati da diverse centinaia di monaci buddisti del monastero di Labrang. Stando a quanto riferito da testimoni locali, la folla ha attaccato uffici governativi e sedi della polizia prima che gli agenti intervenissero con i gas lacrimogeni. Un portavoce dell’associazione Campagna per il Tibet libero, Matt Whitticase, ha riferito di 20 arresti. Funzionari locali hanno confermato la protesta, ma non gli arresti. Labrang è uno dei più grandi monasteri del buddismo tibetano fuori dalla regione del Tibet.Le proteste sono scoppiate a sole due settimane dall’arrivo della torcia olimpica in Cina per i Giochi della prossima estate. Il comitato organizzatore di Pechino ha assicurato che la crisi non avrà alcun effetto sulle Olimpiadi o sul cammino della torcia olimpica, mentre la stampa estera rilancia l’ipotesi di boicottare i Giochi. «Il Comitato organizzatore si oppone a qualsiasi tentativo di strumentalizzare i Giochi Olimpici, cosa che andrebbe contro lo spirito delle Olimpiadi - ha dichiarato il portavoce Sun Weide - abbiamo ricevuto un grande appoggio da parte della comunità internazionale. Ospitare le Olimpiadi rappresenta un sogno secolare per il popolo cinese, compresi i nostri compatrioti in Tibet». Le autorità di Pechino hanno già chiuso agli scalatori il lato cinese dell’Everest, dove dovrà transitare la torcia olimpica diretta a Pechino, per impedire agli attivisti per la difesa dei diritti umani di sabotare la cerimonia.

2 commenti:

filo ha detto...

a fratè è troppo lungo mo o stampo e lo leggo mentre cago a stronzo!

il truce ha detto...

L'importante non è dove si legge,ma non leggere cagate.....